Rolando Toro Araneda, nato a Concepción (Cile) il 19 Aprile del 1924, deceduto all’età di 85 anni Il 16 febbraio del 2010 a Santiago del Cile. Era psicologo e pedagogo, antropologo, pittore, musicista e poeta.
È stato docente del Centro di Antropologia medica alla Scuola di Medicina della Università del Cile, ha occupato la cattedra di Psicologia dell’arte e dell’espressione all’Istituto di Estetica Pontificia Università Cattolica del Cile; professore emerito della Università Aperta Interamericana di Buenos Aires (Argentina).
Realizzò ricerche sulla violenza nel Penitenziario di Santiago; inoltre fece parte dell’Istituto di Ricerche dell’Ospedale Psichiatrico di Santiago dove sperimentò diverse tecniche di lavoro con i degenti al fine di “umanizzare la medicina”, tra cui psicoterapie di gruppo quali: il teatro, psicodramma, arte-terapia e dove anche poté sperimentare con la musica e la danza le prime osservazioni fenomenologiche sul senso dell’identità e la coscienza corporea e a una certa diminuzione della percezione dei limiti corporei e allo stato di regressione o trance.
Rolando Toro tramite i suoi studi-esperimenti formulò la pulsazione graduale anche dallo stato di regressione o trance al senso di identità e viceversa.
Queste esperienze iniziali hanno costituito la base per la costruzione di un Modello Teorico operativo, non solo per persone malate, il quale nel corso degli anni ha esperimentato modifiche; attualmente è molto raffinato ed è applicabile a bambini, adolescenti, adulti e anziani.
Nel 1970 gli fu chiesto di creare la prima cattedra di “Psicodanza”, concetto che aveva il difetto di comportare una scissione: il prefisso “psiche”deriva dal greco psyché, che significa “anima”, quindi la Psicodanza sarebbe “la danza dell’anima”. Il termine conteneva la scissione platonica tra corpo e anima.
Occorreva ristabilire il concetto originale di danza nella sua più vasta accezione: come movimento di vita, che non poteva tuttavia essere assimilato né al balletto classico né a un’altra forma di danza strutturata, come pure non potrebbe essere assimilato a una forma particolare di psicoterapia.
Quest’idea s’avvicina chiaramente al concetto di “danzare la vita” proposto da Roger Garaudy (filosofo).
A partire da questa riflessione, nel 1976 Rolando decise di chiamare “Biodanza” il metodo che aveva ideato: il prefisso “Bio”deriva dal greco bios, che significa “vita”. Il senso primordiale della parola “danza” e “movimento naturale”, connesso all’emozione e pieno di significati. Perciò: “Biodanza, la danza della vita”.
Rolando Toro applicò il Sistema Biodanza alle pazienti mastectomizzate nella Lega Argentina della Lotta contro il Cancro.
Nel 1979 si trasferì in Brasile, dove fondò un Istituto Privato di Biodanza, ottenendo la diffusione di questo sistema in tutta l’America Latina.
Inoltre lavorò con i malati mentali dell’Ospedale Jiqueri di San Paulo e con donne mastectomizzate nell’Istituto del Radio.
Ha effettuato ricerche sull’espressione dell’inconscio e sugli stati di espansione di coscienza.
Ha vissuto in Argentina, Brasile e Italia, ed è tornato in Cile nel 1998, dove ha coordinato tutte le attività internazionali di Biodanza.
Rolando era un uomo che parlava con le rose e con il cuore alla gente, alla gente di quasi tutto il mondo: Biodanza è un movimento che conquista sempre più spazio: in molti paesi dell’America del Nord, America Centrale, con molto sviluppo nell’America del Sud. Comincia a svilupparsi anche in Africa del Sud, Australia, Giappone e Russia, Nuova Zelanda, India.
In Europa è presente in Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera.
Candidato al Premio Nobel per la Pace nel 2001.
Rolando Toro viene da una famiglia di educatori: suo nonno, sua madre, sette delle sue zie e due dei suoi fratelli erano professori.
Nella foto compare insieme ai suoi genitori Gregorio e Berta e ai fratelli Norma e Carlos.
Rassegna Storica – Autrice: Claudete Sant’Anna
Qualcosa ci spinge, senza che noi ce ne rendiamo conto, dal passato immemore, a realizzare la nostra vocazione; una voce ci ispira a connetterci con il mondo. Scrivo questo pensando alle forze segrete che hanno condotto attraverso gli anni Rolando Toro Araneda a concentrare il suo interesse nell’educazione e nel destino dell’umanità.
Rolando Toro viene da una famiglia di educatori: suo nonno era professore nella città di Cañete (Cile), e ancora rimane il suo nome all’entrata della scuola in cui insegnò, “Escuela Leoncio Araneda”; la sua stessa madre, sette delle sue zie e due dei suoi fratelli erano professori. Così nella genealogia della sua vita circola la memoria di questo amore per l’umanità, per l’essere umano, come un rumore persistente.
Nel 1940 terminò i suoi studi di professore primario nella Scuola Normale Josè Abelardo Nuñez de Santiago. Il suo percorso come professore di insegnamento primario durò circa sedici anni, ed esercitò in Talcahuano, Valparaíso, Pocuro e Santiago. In ciascuna delle scuole in cui lavorò prese coscienza di aspetti che mancavano nell’educazione tradizionale. A Talcahuano si dedicò in particolare ad avvicinare i bambini alla natura, realizzando con loro frequenti escursioni al mare; in seguito usava temi derivati da queste gite nel percorso di apprendimento. A Pocuro (Los Andes), iniziò un intensa attività di creatività artistica con i bambini, specialmente attraverso la pittura. Il colorito paesaggio di Los Andes, con tutte le sfumature di tonalità prodotte dalle variazioni della luce del sole, rappresentavano vere e proprie tecniche pittoriche. I temi erano situazioni agresti: “papere che nuotano nel lago”, “bambina con una capretta in braccio”, “mucca partoriente”, “cavalli che brucano nella prateria”, etc. L’osservazione di piante, rocce, animali e scene di lavoro di contadini, conferivano alle pitture infantili molta vitalità e bellezza. L’insieme di questi dipinti fu portato a Santiago dal poeta Ludwig Zeller, per essere esibito nella sala delle Esposizioni del Ministero dell’Educazione, ottenendo un esito inaspettato nell’ambiente pedagogico e artistico. Le opere furono richieste per essere esposte, dal Het Palet in Olanda, dal Royal Institute di Londra e dal centro Nazionale dell’Infanzia di Parigi.
Nel 1954 realizzò a Santiago il “Festival del Bambino”, dove vennero esaminate le condizioni socioeconomiche e di salute dell’infanzia cilena. Al primo Festival parteciparono seimila bambini da tutto il paese, si presentarono orchestre di bambini, esposizioni di pittura, ceramica e giochi pedagogici nel patio della Casa Centrale dell’Università del Cile, inoltre venne realizzata una grande sfilata di bambini per il centro di Santiago.
Nel periodo in cui esercitò a Valparaiso propose una nuova metodologia di apprendimento alla lettura e scrittura.
A partire da queste esperienze elaborò un sillabario per imparare a leggere senza sforzo.
Grazie alle sue concezioni rivoluzionarie sull’educazione, il Decano dell’Università di Concepción, Rolando Merino, lo invitò a tenere un ciclo di conferenze presso il corso di Educazione di quella sede universitaria.
La concezione pedagogica di Rolando Toro era centrata su nuove forme di apprendimento “vivenciale”, partendo dall’affettività e dal piacere di vivere. Da questa proposta non venivano escluse materie di carattere intellettuale; si trattava di integrare l’intelligenza con l’affettività e il rispetto reciproco. Inoltre veniva proposto di incorporare un insegnamento sperimentale di scienze e tecnologia. In queste circostanze Rolando Merino lo invitò a creare un laboratorio di psicologia nella Scuola di Educazione della Università di Concepción.
Rolando Toro formalizzò i suoi studi di psicologia nella Scuola di Psicologia dell’Istituto Pedagogico dell’Università del Cile, che terminò nel 1964. In quel periodo conobbe il dottor Claudio Naranjo, con il quale instaurò una profonda amicizia; grazie al suo aiuto, Rolando Toro entrò nel Centro di Studi di Antropologia Medica della Scuola di Medicina dell’Università del Cile, sotto la direzione del dottor Francisco Hoffman. Questo Centro di studi aveva come obiettivo quello di umanizzare la medicina.
Nel Centro di Studi di Antropologia Medica, Rolando Toro ricoprì l’incarico di professore aggiunto alla docenza, conducendo seminari di antropologia medica, filosofia e psicologia. A partire da qui il suo interesse per l’educazione si estese all’insegnamento secondario e alla psicoterapia.
Tra le diverse attività collegate alla sua ricerca ebbe il privilegio di applicare differenti sistemi terapeutici con malati mentali. In questa occasione realizzò le sue prime prove di danza terapeutica con malati dell’Ospedale Psichiatrico.
A partire dai risultati ottenuti con queste esperienze, adattò il suo sistema terapeutico affinché venisse applicato ad altri quadri clinici e a persone normali. Il sistema di esercizi e musiche utilizzato fu chiamato “Psicodanza”.
Grazie ai risultati ottenuti e al prestigio che la Psicodanza acquistò, Rolando Toro fu nominato professore di Psicologia dell’ Arte e Psicologia dell’espressione all’Istituto di Estetica della Pontificia Università Cattolica di Santiago.
Più tardi Rolando Toro cambiò il nome della Psicodanza in “Biodanza”, “danza della vita”, la cui diffusione ha lentamente raggiunto una dimensione mondiale. Pertanto possiamo affermare che la Biodanza ebbe come antecedenti diretti le esperienze di Rolando Toro nel campo educativo, ponendo l’enfasi nella ristrutturazione affettiva delle persone e nel principio Biocentrico.
In seguito al golpe militare in Chile, Rolando Toro si auto-esiliò in Argentina, Brasile e Italia, per un periodo di ventiquattro anni. In questi paesi la Biodanza si è diffusa ed è stata applicata anche nel campo educativo.
Questo modello educativo prese vari nomi, come “Scuola Universo”, “Educazione Olistica” e “Educazione Selvaggia”.
Infine Rolando Toro le diede il nome di “Educazione Biocentrica” sul suggerimento della pedagoga brasiliana Ruth Cavalcante, per il fatto che questo modello educativo si basa sul principio biocentrico descritto fin dalle sue prime proposte educative.
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